Santa Maria Capua Vetere, 18 luglio 2014 – Fresco di nomina nella schiera dei togati del Csm, la sua battaglia continua a portarla avanti con armi affilate: la lotta a quei Casalesi che, se sono diventati quello che sono oggi, non è solo grazie a intuito del padrino e piccata capacità a delinquere, uccidere, compiere stragi. C’è complicità di una società, cosiddetta, civile. E lui lo sa. Ed ecco che l’ultima requisitoria si tramuta in un autentico anatema, che quasi ricorda gli strali di Wojtyla contro i mafiosi: “Arrendetevi”. Ma non è rivolto ai mafiosi di terra nostra, non ai camorristi tout court. Antonello Ardituro, navigato magistrato del pool antimafia napoletano, se la prende col contorno che fa la differenza e in aula afferma a gran voce: “Politici e imprenditori collusi con la camorra, arrendetevi”. Un grido d’accusa scagliato nel corso della requisitoria al processo che vede imputato il consigliere regionale ed ex sindaco di Villa Literno Enrico Fabbozzi. L’accusa, per il politico Fabbozzi, è di associazione mafiosa”. Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Ardituro non parte da lontano. “I casalesi si sono arresi – dice in aula – Antonio Iovine (l’ex padrino che sta collaborando con la giustizia) si è arreso. La politica invece non si arrende, l’imprenditoria non si arrende. Non vogliono dare un contributo di chiarezza”, sottolinea il pm. E allora, esorta il magistrato, “non vi difendete più. Chiudete questa pagina. Arrendetevi”. In uno dei suoi ultimi atti alla Dda partenopea, che lascerà a giorni per il Consiglio superiore della magistratura, Ardituro ha rivendicato lo spessore della collaborazione di Iovine, stigmatizzando i “tanti distinguo” che ne hanno accompagnato i commenti alle prime rivelazioni. “Una parte dell’opinione pubblica ha tremendamente paura di quello che Iovine ha detto o può dire”, ha affermato il magistrato, che sta raccogliendo le dichiarazioni del pentito. Quindi passa a bacchettare quella che definisce la “borghesia che si autoconserva e non vuole che Iovine le dica, puntando il dito, che è scesa a patti con la camorra”. Infine accusa la corruzione della politica, “che è alla base di tutto” e senza la quale la camorra sarebbe rimasta relegata al rango di “banda di paese. Sotto questo profilo, non c’è differenza fra la corruzione del Mose e quella della provincia di Caserta. Viene prima la corruzione della politica. La camorra arriva dopo”. Per poi ricordare che “la storia degli ultimi vent’anni di questo territorio è segnata dalle centinaia di milioni di euro buttati per una questione rifiuti che non è stata risolta”. E che, pur trascorrendo anni e inchieste, ritroviamo questi politici e questi imprenditori sempre con le mani nella monnezza a prendersi i soldi”.
(giuseppe porzio)
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